giovedì 31 gennaio 2013

“NEI LUOGHI DEL FARE ANIMA”: IL LINGUAGGIO IMMAGINALE DELL’INCONSCIO TRADOTTO DA RICCARDO MONDO







In un volume targato Edizioni Magi si leggono le confessioni del terapeuta, interlocutore di se stesso prima che del paziente nella stanza dell’analisi.

Nebulose e quasi evanescenti le immagini del video di Marisa Capace con il testo e la voce di Riccardo Mondo, che si avvicendano come finestre dischiuse in fondo all’abside della Chiesa Santa Maria Alemanna a Messina lo scorso 11 gennaio, in occasione della presentazione del libro “Luoghi del fare anima” di Riccardo Mondo; psicologo e analista junghiano, membro del “Centro Italiano di Psicologia Analitica” (CIPA) e dell’International Association for Analytical Psychology (IAAP), nonché Presidente dell’Istituto Mediterraneo di Psicologia Archetipica e docente di “Psicologia del Sogno” nella Scuola di Psicoterapia dell’età evolutiva dell’Istituto di Ortofonologia di Roma.

« Non poteva esserci luogo migliore della Chiesa Santa Maria Alemanna del 1220 » – così esordisce Matteo Allone, Psicanalista Junghiano e Responsabile del Centro Diurno U.O.S. Camelot.

La Chiesa dei Cavalieri Teutonici si è trasformata in luogo di sosta per l’anima di ciascuno che riaccendeva l’immaginazione nel guardare i fotogrammi di un cavallo disarcionato, del volto di un bambino, di scale vorticose e silenziosi corridoi che conducevano a porte che aperte lasciavano immaginare alla “stanza terapeutica”, la stanza della catarsi. Intanto si ascoltano i frammenti di una Sinfonia di Ludwig Van Beethoven, quasi riproducendo il climax della vita che pulsa nella “dimora interiore”, che risponde al nome “anima”.

Riccardo Mondo nel raccontare i “Luoghi del fare anima”, sembra posare il camice bianco e comunicare al lettore il ruolo del terapeuta che cura l’anima, da dove trasale ànemos, il soffio vitale archetipico che assume le forme delle immagini scaturite dall’inconscio, dalle esperienze vissute nella realtà materiale o cercate nella memoria; come traduce il surrealismo di Remedios Varo in “Cosmic Energy” riportato sulla copertina, dove ogni dettaglio è parte di uno scenario alchemico che confonde la forma oggettiva riflessa nello spazio con il tempo onirico filtrato dalle emozioni che traversano anguste fessure.

Le fessure tracciate da Remedios Varo evocano le “feritoie” della psiche che Mondo descrive:« Il sintomo è una ferita che lacera un equilibrio […] ogni lacerazione dell’involucro psichico diviene un’apertura che fornisce una nuova visione delle cose. Il nostro obiettivo terapeutico è che la ferita psichica possa divenire una feritoia […] ».

Forse che lo psicanalista non possa essere ritenuto l’Orecchio di Dionisio che ascolta la voce recondita di un disagio tramite l’Eco del sintomo, che da dentro l’anima si propaga verso l’alto ?

L’analista nel dare ascolto incontra la coscienza dell’altro, percorrendo insieme un cammino che renda più tollerabile il “patire”, che renda consapevole il “paziente” « nella continua ricerca della giusta distanza tra gli opposti, la neutralità e la partecipazione ».

« In questa stanza i pazienti sono inizialmente sordi all’ascolto della propria sofferenza e impazienti di risolvere i loro sintomi ».

Sembra questa la frase che meglio riassume i punti essenziali del talking cure, che si sostanzia in ogni elemento che compone l’immagine della “stanza di terapia”, dove la poltrona oscillante, che muove la vita interiore come un videoproiettore altalenante, esteriorizza il “caleidoscopio” frammentato « tra le terminazioni nervose degli organi sensoriali e l’immagine che appare alla coscienza è inserito un processo inconscio che trasforma il dato di fatto fisico della luce, per esempio, nell’immagine psichica “luce” […] » (C.G. Jung, 1933).

Qual è il ruolo dello psicanalista se non guidare “Festina lente” nel labirinto immaginale, che dimora dentro l’anima, quasi personificando il Filo d’Arianna che assiste Teseo nei meandri del Labirinto di Cnosso fin quando riconquista la propria libertà.

La cura dell’analista diviene terapeutica quando l’ascolto conduce a smitizzare e significare le immagini che – sradicate dall’inconscio – risuonano alla coscienza durante il setting, dove il dettaglio fisico partecipa alla « circumambulatio attorno l’individuo e i suoi bisogni »; affrettando l’individuazione della patologia innanzitutto da parte del paziente, che poi lentamente percorre a ritroso il proprio esistere nel divenire di un desiderio oppure di un sogno o ancora di un fatto.

E l’analista come interagisce nel coniugare “neutralità e partecipazione”, mentre l’Eco immaginale dell’Altro risuona dal fondo della sua anima ?

Si pone di fronte al paziente vestendo un abito che il corpo non indossa, ma la mente interpreta e il comportamento manifesta. Assume la cura del paziente – suo pari interlocutore – del quale indaga i luoghi che ne fanno l’anima, tramite l’ascolto prestato nel dialogo.

Sono i dialoghi – narrati nella seconda parte del libro – tra il terapeuta e Maurizio con i frammenti del suo diario, e Francesca che affonda in Thanatos e trasale in Eros ricreando la vita, e Marcello che si chiede :« Se non ci sono per me stesso per chi posso esserci? ».

E la stanza – compiacente negli oggetti – si riempie davvero solo quando la Psiche incontra se stessa e il “camice bianco” tramuta in abito comporta – mentale, che nell’esperienza professionale ritrova il campo archetipico da coniugare alla teoria, nel significato originario che riporta al greco theoréo “guardo osservo dentro”. L’analisi non rimane angusta nella tecnica terapeutica, ma osserva “da fuori” quello che Hèstia, la divinità del focolare domestico, custodisce “dentro”, dissimulato dalle immagini che l’inconscio alimenta e la coscienza individua, manipolandole finalmente e non subendole.

L’analista s’affretta a fare lentamente sgusciare dal Caos le immagini che padroneggiano nei luoghi dell’anima, rieducando il paziente al Cosmos con il rituale del setting, portandolo per mano verso la risalita.

Se il paziente si svela, allora l’analista è portato gradualmente a “spossessarsi” – come la dott.ssa Maria Froncillo Nicosia riferisce durante il suo intervento.

« Incontrare l’altro ci consegna grandi doni. » – sostiene l’autore che racconta dell’anima che dimora in luoghi abitati; come Ferdinando Testa – psicologo analista – descrive nel presentare il libro, considerandoli tòpoi di un’anima da decifrare, ovvero « un tessuto ricamato, di cui ognuno può vedere il lato esterno nella prima metà della sua esistenza, e il rovescio nella seconda: quest’ultimo non è così bello, ma è più istruttivo […]» ( Shopenhauer, 1851).

È l’esergo riportato dall’autore che – fra le altre citazioni in apertura ad ogni capitolo – si pone come scintilla rianimata dal focolare della divinità Hèstia.

« L’obiettivo è condividere alcune irruzioni archetipiche, avendo la fiducia di favorire ri – connessioni. Non in questo momento, adesso è il tempo dell’ascolto […] ».

di Dominga Carrubba (da NuovoSoldo.it)

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