venerdì 3 dicembre 2004

Presentazione del libro: Caro Hillman... Venticinque scambi epistolari con James Hillman, Catania Biblioteche Civica Ursino Recupero




A cura di 
Riccardo Mondo e Luigi Turinese

Bollati Boringhieri, Torino, 2004
3 Dicembre 2004Sono intervenuti:

Pietro Barcellona
Fulvio Giardina
Riccardo Mondo
Giuseppe Russo
Elvira Seminara
Luigi Turinese
Letture epistolari di:

Mariella Lo Giudice

Ospiti:

Franco Battiato e Manlio Sgalambro, autori di un contributo epistolare.














Caro Hillman: la recensione di Luciana Sica

Caro Hillman ti scrivo

Lettere a un grande eretico

Esce un carteggio tra un gruppo di personaggi della cultura italiana e l’intellettuale americano che ama la provocazione e la sorpresa Il dissenso prevale sull’ammirazione per il maestro che ha radicalmente messo sotto accusa la psicoanalisi.
Viene messa in discussione l’identità dell’inventore della “psicologia archetipica”
C’è una polifonia di voci anche molto contrastanti che percorre il mondo dei nipotini di Jung
Alcuni personaggi della psicologia analitica e della cultura italiana scrivono a James Hillman, la figura senz’altro più carismatica – anche se molto controversa – dello junghismo contemporaneo: le venticinque lettere, accompagnate dalle risposte del destinatario, sono state raccolte in un libro dal titolo Caro Hillman?, per la cura intelligente e fantasiosa di Riccardo Mondo e Luigi Turinese (Bollati Boringhieri, pagg. 240, euro 26).
È un volume che interessa, per più di una ragione. Intanto, attraverso questo carteggio, si coglie con grande immediatezza la polifonia di voci – assai poco assimilabili tra loro – che percorre l’universo junghiano. Emergono, dall’epistolario, due tendenze che già coesistono in Jung, pensatore geniale ma disordinato e asistematico, contraddittorio e pieno di aporie: una è decisamente critica, ermeneutica, probabilista; l´altra sembra cadere nell’illusione di una psicologia perennis, di una psiche in qualche modo oggettiva, valida e identica per tutti, con un eccesso di enfasi – ad esempio – per quella ipotesi suggestiva ma enigmatica, nebulosissima, che è l’inconscio collettivo.
Oltre a disegnare una mappa curiosa dello junghismo italiano, questo libro sottende costantemente nelle sue pagine un interrogativo – sospeso e irrisolto – che rimanda all’identità più autentica del maestro di Atlantic City.
Chi è infatti oggi James Hillman? Si sa che, a Zurigo, è stato un allievo diretto di Jung, ma – dopo quella che lui stesso ha definito «una crisi di fede – è diventato l’inventore di un nuovo pensiero, di una sua disciplina detta “psicologia archetipica”, ribattezzata frettolosamente e a dispetto del ridicolo “una terapia con gli dèi”.
Oggi non è chiaro se Hillman si possa ancora in qualche modo considerare uno psicoanalista, per quanto eterodosso e da molti anni lontano dalla pratica clinica, o sia piuttosto un raffinatissimo letterato, un intellettuale neoplatonico (amatissimo dagli intellettuali, e dai molti che suppongono di esserlo), un cantore neopagano di cui poco o nulla è rimasto dell´imprinting originario: «un brillante bricoleur», per dirla con Augusto Romano.
In queste lettere inviate a Hillman, può sorprendere che in genere sia il dissenso a prevalere sull’ammirazione. Quella di Mario Trevi, firmata con Marco Innamorati (insieme hanno scritto Riprendere Jung), è una presa di distanza, sofisticata ma dura già nel titolo, “Contra psychologiam archetypalem”, una messa sotto accusa delle tesi più ardite di Hillman: dalla lettura che fa dei classici alla pretesa di parlare ancora di un’ontologia dell´anima, al rifiuto drastico di ogni modello medico.
Nella sua risposta, il grande provocatore americano – che a tratti tende ad assumere un’aria sussiegosa un po´ irritante – sfugge abilmente alle questioni più sottili. «Un freddo vento del Senex soffia da nord, e potrei essere indotto a focose esagerazioni del Puer come difesa?»: Hillman non cade in questa tentazione, e del resto sarebbe poco convincente contrapporre a un presunto atteggiamento senile il suo spirito da eterno fanciullo, anzi il suo metodo ermetico/mercuriale che «si avvale di trucchi, inganni, appropriazioni e non vuole stare da qualche parte a combattere, ma fugge nell´invisibilità su scarpe alate in conformità con i suoi alati pensieri avvolti in “può darsi”, “forse” e “come se”»?
La sensazione è che il comune ceppo junghiano non basti ad accorciare le distanze: Hillman e Trevi non potrebbero essere più sideralmente lontani, a cominciare dai linguaggi che utilizzano. «Che cosa abbiamo da dirci l’un l’altro?», si chiede Hillman con una qualche brutalità, concludendo in modo scarsamente dialettico: «Due sentieri paralleli, non importa quante miglia possiamo percorrere, non si incontreranno mai. Forse fianco a fianco è abbastanza».
Molto spiritosa, ma per nulla rapita dal pensiero dell’autore di Cento anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio, risulta Silvia Vegetti Finzi: lei ha tradito la psicoanalisi, gli scrive, «nel senso in cui l’amante tradisce l’amata per troppo amore? Lei affida alla psicoanalisi nientemeno che l’incarico di salvare il mondo? Ma siamo sicuri che la psicoanalisi abbia il compito di prendere il posto di Dio: di sapere tutto, di potere tutto?».
Se qui lo scambio è meno glaciale, la possibilità di un dialogo autentico rimane piuttosto remota. Il punto è che alle “regole” della clinica psicoanalitica Hillman è estraneo fino all’insofferenza, e non ha alcuna difficoltà a dichiararsi colpevole dell´accusa di essere un traditore. Non è la stanza d’analisi a interessarlo, non sono i piccoli o grandi malesseri di pazienti in cerca d’ascolto a catturarne l’attenzione. Il suo impegno ha dimensioni molto più ampie, più ambiziose: lui si dedica a «stendere l’anima del mondo sul lettino e a rimanere in ascolto delle sue sofferenze». È questa immagine a catturarlo, o anche, con un’espressione che gli è cara: è questo il suo daimon.
Alla fine, da raffinatissimo giocoliere qual è, ritorce con abilità l’accusa di tradimento, pure accettata senza sussulti: «Le replico – sempre nello spirito di calore e comprensione tra noi – che la Sua posizione tradisce la sfida contemporanea alla pratica clinica: la sua estensione oltre la stanza di terapia. Traggo questo orientamento sia da Freud sia da Jung, che consideravano il loro lavoro un lavoro sui tempi e sulla cultura collettiva in cui la psiche era immersa».
Spulciando ancora tra le molte lettere di questo carteggio, più incline alla perplessità che all’elogio appare anche Marcello Pignatelli, che – seppure con garbo amichevole – segnala il rischio di una deriva estetizzante. Come sempre Hillman si diverte soprattutto a spiazzare, e in questo caso lo fa rievocando una bella serata romana di anni fa proprio nella casa di Pignatelli, il “collega” junghiano involontariamente caduto in un fraintendimento comune.
«Quando tu mi hai ricevuto lì, con vino, cibo e conversazioni, ponendo attenzione ai bisogni di un visitatore straniero? questo tuo comportamento apparteneva all’etica o all’estetica? Conosci bene la tradizione classica, da Platone in poi, in cui Estetica ed Etica erano inseparabili. Entrambe sono contenute nella parola Kosmos, che significa giusto ordine, implicando sia la bellezza sia la giustizia»: per Hillman, la divisione tra queste due nozioni può risultare, oltre che falsa, dannosa per entrambe «poiché priva il mondo dell´estetica di ogni moralità e il mondo morale di ogni sensibilità». Dal suo punto di vista, l’insistenza sul bello avrebbe di per sé una connotazione di ordine etico.
Sarà il caso di fare almeno un cenno allo scambio affettuosissimo che in questo libro si rintraccia tra Manlio Sgalambro e Hillman sulla condizione della vecchiaia, un tema su cui entrambi si sono esercitati con risultati brillanti. Il filosofo gli ha inviato una sua poesia che si conclude con questi versi:

«Il vecchio è colui nel quale la vita è finita. Ma quale vita? La vita funzionale, la vita dei ruoli, la vita che passa attraverso il “permesso” di vivere concesso dalla società a certi patti. Ma è dopo tutto questo che resta la “vita”. La bellezza del vivere per nessuno scopo, del vivere per vivere».

La replica di James Hillman è – almeno in questo caso – nel segno dell’entusiasmo: «Quanto più, quanto più squisite, quanto più apportatrici di verità sono le strofe della Sua poesia rispetto al mio intero libro sull’invecchiare!». L’epilogo si riassume nell’invito di un signore forse stravagante ma dallo charme innegabile, che prende congedo con poche semplicissime parole, impronunciabili per certi geometri della psiche: «Posso incontrarla un giorno nel Suo caffè preferito?».
Pubblicato su La Repubblica, 03/12/2004

mercoledì 1 dicembre 2004

La recensione: C.G.Jung. Immagine e parola.


a cura di Aniela Jaffé
Magi Edizioni
Roma 2003
pp. 242
In un panorama culturale poco incline alla valorizzazione delle radici storiche della psicologia analitica, ogni operazione editoriale che miri a preservare tracce della memoria si presenta decisamente innovativa. Si è quindi grati alle Edizioni Magi per la traduzione in lingua italiana di questo emozionante omaggio a Carl Gustav Jung, curato daAniela Jaffé, edito in Germania nel 1977 con il titolo originario C. G. Jung. Bild und Wort e pubblicato quasi contemporaneamente in lingua inglese dalla Princeton University Press, Princeton (NJ, USA). Sono trascorsi appena ventisei anni per averne una traduzione in lingua italiana e questo è un altro elemento a favore di questa operazione editoriale. Quanto detto aprirebbe un complesso discorso sul rapporto della psicologia analitica odierna con la propria produzione storiografica e documentaristica, ma torniamo al libro che è oggetto della nostra recensione.
La quarta di copertina recita che “per gli junghiani questo volume è come un album di famiglia le cui immagini consentono di evocare atmosfere, persone, oggetti, pensieri, luoghi in qualche modo noti”. Quanto affermato ci pare condivisibile; per poterne gustare la proposta è adeguata la lettura intimistica di chi rilegge documenti e sfoglia lettere e foto di un proprio antenato.
Al primo contatto con il libro esso si presenta atipico ed inconsueto, il formato e lo stile grafico lo rendono adeguato soprattutto ad una consultazione immaginale ed evocativa, intimamente fedele al valore che Jung consegnava all’immagine psichica. Il volume infatti è riccamente illustrato da 205 immagini, tra le quali vi sono 11 dipinti dello stesso Jung. L’originalità consiste proprio nella sintesi tra le molte immagini – ritratti fotografici, dipinti, manoscritti, luoghi e scene di vita quotidiana – tratte dalla mostra organizzata a Zurigo in occasione del primo centenario della nascita del Maestro (1975), e i testi, ricavati in larga parte da Ricordi, sogni, riflessioni, raramente dagli scritti scientifici delle Opere e da lettere, alcune delle quali inedite. Su questa scia potremmo dire che, al contrario della norma, ogni capitolo affronta un tema dove testi essenziali ed evocativi corredano questa biografia per immagini.
Fedele al progetto celebrativo del centenario, l’opera è un omaggio ricco di sentimento a Carl Gustav Jung e nel leggerlo si avverte, in chi l’ha ideato e realizzato, la fedeltà e la congruenza intellettuale rispetto al modello di ricerca proposto dal fondatore della Psicologia Analitica. Il limite è l’evidente elemento agiografico che rischia di non poter attrarre, tra gli addetti ai lavori, se non chi ama profondamente Jung e la Psicologia Analitica.
Disinteressati rimarranno i “cercatori delle ombre di Jung”, in quanto il volume non presenta un impianto critico e dialettico e non consente quegli insights decostruttivi, che, se abusati, rischiano – come ricorda il detto popolare – di “buttar via il bambino con l’acqua sporca”.
Il libro è composto da diciannove capitoli, un’appendice con la descrizione della personalità di Jung, una cronologia e un glossario. È un procedere temporale da prima della nascita al commiato del Maestro dalla Terra; la matassa della sua vita pare dipanarsi finalisticamente tramite la lente del principium individuationis.
Dal rapporto con gli antenati, si procede agli anni della giovinezza e degli studi, ai primi interessi per l’occultismo e la parapsicologia, al periodo alla clinica Burgholzli, all’amicizia e la rottura con Freud, al confronto con l’inconscio. Questo capitolo drammatico ed intenso si pone come perno centrale nell’opera preannunciando il dipanarsi dei successivi capitoli, rivolti ai temi fondamentali dello Jung maturo: Mandala, Alchimia, Paracelso, Psicoterapia, Traslazione. È sempre affascinante rievocare la grande erudizione di Jung; quest’ultima gli permetteva la conoscenza del dispiegarsi della vita psichica in territori inimmaginabili all’uomo comune. Ad esempio, sul tema alchemico scriverà “L’alchimia è, come il folclore, un grandioso affresco proiettivo di processi di pensiero inconsci. A causa di questa fenomenologia mi sono sottoposto allo sforzo di leggere da cima a fondo l’intera letteratura classica dell’alchimia” (pag. 99).
Ma come ci ricorda la Jaffé in appendice, Jung dedicava pari intensità libidica sia alle esperienze interiori sia all’incontro con eventi esteriori che insieme formavano un indissolubile unicum.
Per questo motivo sono particolarmente affascinanti i capitoli Famiglia e casa (“quando ero occupato con le mie fantasie, mi serviva un punto d’appoggio in ‘questo mondo’”); quello dei Viaggi (il capitolo più ampio del libro) e quello di Eranos.
Eranos si traduce in “festa condivisa” ed in questo clima si realizzarono i Convegni ad Ascona sul lago Maggiore. A pagina 186 è possibile osservare il tavolo attorno al quale si riunivano quotidianamente gli oratori per il momento conviviale. Quando Jung vide questa foto dove nessuno è visibile osservò: “L’immagine è perfetta. Sono tutti lì”. Ricordiamo che a quel tavolo circolare erano presenti studiosi delle più svariate discipline scientifiche oltre che Jung e i suoi allievi.
Questo importante crocevia culturale dell’epoca rendeva concreta la ricerca junghiana di una interdisciplinarietà scientifica sotto il comune tetto dell’Anima Mundi.
Il successivo capitolo sulla Torre rende evidente quanto l’opera “dell’architetto” Jung sia stata una condensazione materiale della sua ricerca scientifica, appunto “una professione di fede in pietra”, come egli amava definirla. Questi capitoli paiono presentare quegli elementi del pensiero di Jung che diverranno una traccia per quella psicologia analitica che si orienterà per sviluppare “una psicologia del profondo dell’estroversione” (cfr.Hillman).
Gli ultimi due capitoli riguardano il tema della religione e della morte e ci mostrano le immagini di un uomo vecchio e carico di saggezza che si confronta con i grandi temi dell’esistere.
Scriverà in una lettera“ La mia raison d’ètre consiste… nel confronto con l’ente indefinibile che è chiamato Dio” (pag. 209).
Difficile commentare o aggiungere altro, il libro va riposto nella libreria e ogni tanto ripreso per meditarci su, senza pregiudizi.
Recensione pubblicata su “Studi Junghiani”, n. 20, FrancoAngeli, Luglio – Dicembre 2004

lunedì 1 novembre 2004

L'arco e la freccia: la recensione di Rosario Puglisi


Il collega Riccardo Mondo è psicologo analista dell’A.I.P.A. (Associazione Italiana di Psicologia Analitica), vive e lavora a Catania ed oltre all’attività prevalente di psicoterapeuta, realizza significative progettazioni in ambito culturale rendendo operative riflessioni e ricerche sociali su temi importanti qual è quella dell’Educazione alla Genitorialità.
Il volume L’arco e la freccia – Prospettive per una genitorialità consapevole tratta della possibilità di applicare in ambito educativo alcuni elementi fondanti la psicologia del profondo e in particolare della psicologia analitica.
Il suo segreto, com’è precisato nella prefazione curata da Luigi Turinese, risiede nell’intelligenza ermetica dell’autore e nella consapevolezza di quest’ultimo di trasferire, al di fuori degli ambienti circoscritti e oscuri del setting analitico, la dialettica psicologica cara allo junghismo contemporaneo relativa al rapporto tra individuo e collettivo sul tema dell’adattamento e dell’individuazione.
L’arco e la freccia. Prospettive per una genitorialità consapevole si presenta come la sintesi di una ricerca di gruppo in continua evoluzione, come confessa lo stesso autore “…l’idea di un libro è supportata nel suo progressivo concretizzarsi da una quota di costante imprevedibilità che ne dignifica la realizzazione definitiva”.
Appare evidente nell’articolazione del testo il rapporto dialettico esistente tra teoria e prassi in un ambito complesso quale appunto la scienza dell’educazione, che da sempre ha avuto come presupposto-corollario l’acquisizione di verità parziali ma non necessariamente contraddittorie, tipiche di una “Comunità Educante” all’interno della quale ciascuno dovrebbe fare la propria parte: lo psicologo, il pedagogista, il mitologo, l’insegnante e, naturalmente, il genitore.
Per questi presupposti epistemologici, sono stati invitati a collaborare una serie di autori, per la maggior parte colleghi siciliani, da anni impegnati in questa ricerca.
Il risultato è proprio un omaggio alle scienze della complessità applicate alla difficile arte del condurre fuori (e-ducere).
Il volume collettaneo si presenta gradevole nella veste editoriale e di scorrevole lettura. Vengono riportati alcuni dei più significativi interventi comunicati nel convegno nazionale omonimo realizzato nel 2001 a Catania, da cui origina il titolo del libro.
Scendendo nel dettaglio, oltre ad un iniziale capitolo di Riccardo Mondo sulla “Educazione alla genitorialità” che definisce con chiarezza caratteristiche e possibili aree di intervento, originali risultano gli altri contributi che possono essere colti all’interno del testo. Si pensi a quello di Elena Liotta sul concetto di “Essere Madre nel XXI secolo”, o a quello di Magda Di Renzo su “I genitori nella mente dei figli”, riflessione sulla costruzione dell’immagine interna del genitore a partire da figure reali ma anche da modelli culturali.
L’intervento di Marco Guzzi, “Riflessioni sull’Educazione dell’Uomo Nascente”, evidenzia la concezione antropologica sottostante ad ogni pedagogia, mentre Alfonso Sottile e Riccardo Mondo ci offrono, nel capitolo “Il genitore e l’esperienza dell’incertezza”, un approfondimento psicologico di questo sentimento che appare connaturato all’esperienza genitoriale. Di ispirazione immaginale ed archetipica il contributo di Daniele Borinato, “Il Padre e l’arco di Ulisse”; Pasqualino Ancona, in “La Genitorialità nella riabilitazione delle tossicodipendenze”, contribuisce con una riflessione analitica su una consolidata esperienza maturata nel territorio.
L’autore partecipa anche alla descrizione, con Angela Giannetto, del progetto “Educazione alla Genitorialità” realizzato in nove comuni etnei e alla esposizione, con Simone Bruschetta e Gabriella Toscano, della ricerca territoriale che ha visto coinvolte più di mille famiglie.
A mio avviso, la vastità del campione presentato, unitamente al progetto “Educazione alla Genitorialità”, consente di trarre dai dati emersi da questa ricerca informazioni utili non soltanto per gli operatori sociali che agiscono nel territorio, ma anche, su un piano più generale, per le riflessioni sull’attuale e difficile modo di concepirsi ed essere genitori, a proposito del quale non va dimenticato che, citando Gibran Kahlil Gibran (ispiratore del titolo del libro “L’Arco e la Freccia”) ”... i nostri figli non sono i nostri figli. Sono i figli e le figlie dell’ardore che la vita ha per se stessa. Essi vengono attraverso di noi, ma non da noi. E benché vivano con noi non ci appartengono”.

Rosario Puglisi

Recensito su Psicologi & Psicologia in Sicilia. Giornale dell’Ordine degli Psicologi della Sicilia, anno VII – n° 2 – Novembre 2004.

lunedì 25 ottobre 2004

L'intervista di Elvira Seminara a Riccardo Mondo

Battiato, lettera-ritratto a Hillman


Hillman ama Catania. Freme sorpreso davanti ai cesti odorosi della pescheria, sente ancora (ma come fa) le risate degli dei in certe vie oscure di Catania. E i catanesi amano Hillman. Individualmente, in gruppo, in associazioni create in suo nome.

È nato così, come fosse un gioco, dunque nel segno del “puer” tanto caro a Jung, questo libro prezioso e stravagante, inventato a Catania e scritto a più mani con James Hillman, per lui e contro di lui, “Caro Hillman…”, edito dalla Bollati Boringhieri.

L’idea è venuta ai due psicoanalisti e amici Riccardo Mondo (che vive a Catania) e Luigi Turinese (che vive a Roma), proprio nel corso di un incontro col grande psicoanalista e filosofo (post)junghiano, di Atlantic City il quale – racconta Mondo – appena ha sentito quel sacro odore di eresia ha detto sì.



In che senso “eresia”?

“Hillman è un eretico perché ha rielaborato in modo molto personale il pensiero del maestro Jung, ma lui stesso esalta il valore positivo dell’eresia in quanto superamento, dialettica, trasgressione. Per questo ha accettato di partecipare a questo libro, composto secondo un’estetica pop.

Il libro si dipana attraverso 25 lettere scritte da altrettanti intellettuali e psicoanalisti. Per ogni lettera ad Hillman, la sua risposta. Perché il genere epistolare, un po’ obsoleto?


“È soprattutto un omaggio a Freud e Jung, al loro straordinario epistolario purtroppo bruscamente interrotto per la rottura sul tema della libido. E’ qui, da questa ideale ultima lettera strappata, che ripartiamo per ricucire un dialogo. Quelle preziosissime lettere furono l’unico e ultimo tentativo di conciliare analisi freudiana e analisi junghiana”.

Con quale criterio avete scelto gli autori delle lettere?
“Varietà e competenza. Ci sono tra gli altri studiosi come Silvia Vegetti Finzi e Bianca Garufi, esperti di psichiatria come Bruno Callieri, filosofi come Sgalambro e Grazia Marchianò, psicologi come Aldo Carotenuto, poeti come Arturo Schwarz, musicisti come Battiato. Lettere più complesse e lettere più semplici, il libro vuol essere per tutti gli interessati, non per pochi addetti”.

E le tracce tematiche?

“Abbiamo scelto quattro temi suddivisi tra gli autori, Tracce di Jung, Destino e Individuazione, Therapeia e Un muovo umanesimo tra etica ed estetica. Alla fine abbiamo portato a mano tutto il materiale a Hillman. Infatti, pur essendo un pensatore innovativo e uno scrittore fecondissimo, lui non usa computer e posta elettronica. Ha una vecchia macchina da scrivere e al massimo, se ha fretta, usa il fax…”.

Il che, immagino, ha rallentato un po’ la comunicazione fra voi

“C’era un’emozione diversa. Hillman non rispondeva, non scriveva, era stanco. Poi all’improvviso, in cinque giorni, cominciò a scrivere e non si fermò più. I suoi fax, uno dopo l’altro, arrivavano a casa mia nel cuore della notte, per il diverso fuso orario, ma era magico anche questo, vedere scorrere su quel rullo le sue parole intrise di anima e di daimon… ”

Nel testo ci sono anche alcuni ammaliati oppositori, tipo Augusto Romano, che sostanzialmente rimprovera Hillman di avere messo in scena una splendida coreografia che occulta crepe del pensiero. Altri gli rimproverano quasi di essere stato un (grande) profeta della new age. La Vegetti Finzi lo accusa di essere un maestro e traditore. Qualche disagio, per le lettere meno lusinghiere?
“No, non ha mai chiesto correzioni, e ha risposto a tutte con sapienza e raffinatezza. Del resto lui ama troppo il confronto, e detesta le scuole, i conformismi…”

La lettera più bizzarra?

“Quella di Franco Battiato. È un ritratto dello stesso Hillman, che abbiamo poi messo in copertina. C’è un vecchio distinto dall’aria ascetica e un po’ astratta. Lunare e malinconico. È piaciuto molto a Hillman, soprattutto per quell’occhio sinistro da fanciullo”.



Articolo pubblicato su La Sicilia, 25 ottobre 2004

mercoledì 4 agosto 2004

Caro Hillman... Venticinque scambi epistolari con James Hillman


A cura di 
Riccardo Mondo e Luigi Turinese


Bollati Boringhieri, Torino, 2004
Franco Battiato, Bruno Callieri, Aldo Carotenuto, Paola Coppola Pignatelli, Magda Di Renzo, Bianca Garufi, Aldo Giuliani, Marco Guzzi, Marco Innamorati, Elena Liotta, Romano Màdera, Grazia Marchianò, Piergiacomo Migliorati, Riccardo Mondo, Eva Pattis, Luciano Perez, Marcello Pignatelli, Giovanni Rocci, Augusto Romano, Arturo Schwarz, Manlio Sgalambro, Carla Stroppa, Marta Tibaldi, Mario Trevi, Luigi Turinese, Silvia Vegetti Finzi, Luigi Zoja:
alcune voci significative della psicologia analitica e della cultura italiana scrivono a James Hillman – figura prestigiosa e carismatica di filosofo e analista junghiano, ben noto ai lettori del nostro Paese – presentandogli ricordi personali, interrogativi, proposte, poesie e persino un ritratto, ma anche perplessità ed espliciti dissensi.

L’iniziativa di raccogliere in volume queste lettere, con le risposte di Hillman, intende stimolare un dibattito su cosa può significare, oggi, rifarsi al pensiero e all’insegnamento di Jung; più in generale, quale psicologia e quale psicoterapia possono aiutarci ad affrontare i problemi dell’individuo e della società nel mondo attuale.





James Hillman, Riccardo Mondo e Luigi Turinese all’anteprima del volume “Caro Hillman”, al Congresso Internazionale di Psicologia Analitica – Barcellona, 30 Agosto 2004

venerdì 7 maggio 2004

PERCORSI NELLA SOLITUDINE CONTEMPORANEA CONVEGNO NAZIONALE Catania, 7 maggio 2004 Biblioteche riunite “Civica e Ursino Recupero”

Locandina del Convegno Nazionale Percorsi nella Solitudine Contemporanea


PROGRAMMA:

Introduzione: Riccardo Mondo (Psicologo analista AIPA, Presidente Associazione Crocevia – Catania) Coordinatore scientifico del Convegno

Gli ambienti della solitudine

Moderatore: Ugo Cantone (Preside della Facoltà di Architettura – Catania)
  • Le solitudini nella società globale – Elena Liotta (Psicologa analista AIPA – Orvieto)
  • I luoghi della solitudine – Carlo Truppi (Professore Facoltà di Architettura di Catania – Napoli)
  • Performance teatrale “Le solitudini contemporanee” – Gioacchino Palumbo (Regista, Accademia delle Belle Arti – Catania) e Teatro del Molo2

I tempi della solitudine

Moderatore: Fulvio Giardina (Presidente Ordine Psicologi della Regione Siciliana)
  • Fare da soli, essere e sentirsi soli – Magda Di Renzo (Psicologa analista CIPA, Responsabile Istituto di Ortofonologia – Roma)
  • La solitudine raccontata dai bambini: una ricerca nelle città di Catania e Roma – Raffaella Maria Bonforte (Psicologa – Catania), Magda Di Renzo, Riccardo Mondo, Gabriella Toscano (Psicologa – Catania)
  • Dialoghi sulle solitudini:dibattito con i relatori

Riflessioni sul Convegno Nazionale "Percorsi nella solitudine contemporanea"



Ha aperto i lavori il collega e psicologo analista Riccardo Mondo, Presidente dell’Associazione Crocevia, che, evidenziando l’aspetto paradossale ed ambivalente dell’esperienza della solitudine per l’animo umano, asserisce: Si potrebbe forse affermare che ogni condizione umana contenga una quota di desiderio della condizione di solitudine per l’anelato ritrovamento della dimensione più intima di noi stessi ed una quota di orrore per la stessa solitudine, come perdita della dimensione di appartenenza ad altri. Egli ha sottolineato come nella società contemporanea sembra aleggiare la ricerca ossessiva del contatto con l’altro, senza poi riuscire a maturare un senso di appartenenza. Questa compulsione alla relazione contribuisce fortemente a darci una visione negativa della solitudine che a sua volta genera disturbi. Riccardo Mondo coglie la profondità della solitudine nella creatività e nell’amicizia che, come sostieneJung, fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri.

Partecipanti al Convegno

Il Convegno nazionale “Percorsi nella Solitudine Contemporanea” ha rappresentato la tappa finale di questo percorso che ha stimolato i partecipanti ad una riflessione in un contesto più ampio. 
Si è tenuto il 7 maggio a Catania presso le Biblioteche riunite “Civica e Ursino Recupero” ed è stato patrocinato dall’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia e dal Comune di Catania.

Partecipanti al Convegno
L’evento ha richiamato un pubblico ampio ed eterogeneo; varie le professionalità presenti in sala, fra cui colleghi psicologi ed insegnanti delle scuole che hanno consentito la realizzazione della ricerca.
Il convegno è stato strutturato in due sessioni: Gli ambienti della solitudine, moderata dal Preside della Facoltà di Architettura di Catania, Ugo Cantone e I tempi della solitudine, moderata dal Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana, Fulvio Giardina.

venerdì 6 febbraio 2004

Presentazione del libro: L'arco e la freccia. Prospettive per una genitorialità consapevole - Catania 6 febbraio 2004, Sala Biblioteca San Michele Minore





di Riccardo Mondo

Edizioni Magi, Roma, 2003
Hanno incontrato i lettori:

Riccardo Mondo – Autore del volume, Psicologo Analista AIPA

Elvira Seminara – Giornalista, Scrittice

Maria Concetta Sapienza Auteri – Psicoanalista didatta SIPP

Giuseppe Raniolo – Psicoanalista di Gruppo IPG



Presentazione del libro






                        VEDI ASSOCIAZIONE CROCEVIA